Il Natale non è uguale per tutti. C’è il Natale che tutti vorremmo: l’albero ogni anno più carico e luminoso, la montagna di regali utili e inutili e la tavola del pranzo ricoperta con più di quanto riusciremo a mangiare. Chi può si circonda di abbondanza sperando che duri per sempre.
E c’è il Natale di chi ha perso il lavoro, la casa, di chi sta perdendo anche la speranza. E’ il Natale degli ultimi. Per loro il 25 dicembre è un giorno come tutti gli altri, trascorso in cerca dell’indispensabile quotidiano.
Una sera un uomo vedendoci caricare su un furgone un cesto pieno di brioche ci chiese ridendo se le portavamo a casa per mangiarcele tutte. Quando gli spiegammo che non erano per noi ma per dei senzatetto cambiò tono.
“Ma che gli portate a fare le brioche!? Quelli hanno fame! Portategli un piatto di pasta!” Disse rabbioso.
Quell’uomo non aveva l’aspetto di chi abbia mai avuto fame, eppure sembrava sicuro di cosa fosse necessario per chi ne ha.
Per lui portare quelle brioche a chi dorme su un marciapiede e fruga in mezzo ai rifiuti significava offenderlo con un dono superfluo. Come se solo chi sta bene abbia il privilegio di mangiare qualcosa di dolce.
Potevamo dargli retta. La nostra giornata di lavoro era finita. Le nostre famiglie ci aspettavano assieme alla nostra cena. Forse ci avrebbe detto “bravi!” se avessimo buttato quelle brioche nella spazzatura. A quel punto, mescolate con il sudiciume, sarebbero diventate degne degli ultimi.
“Siamo pasticceri. Gli portiamo quello abbiamo.” E’ stata la nostra risposta.
Noi siamo semplici pasticceri. Non possiamo dare agli ultimi tutto quello di cui avrebbero bisogno: un bel piatto di pasta fumante, ma anche un posto per dormire, vestiti puliti, cure mediche, un lavoro, un futuro dignitoso. Ciò che possiamo dargli è quello che abbiamo e facciamo con l’orgoglio della nostra professione: delle paste, della cioccolata, delle brioche.
Non è mai accaduto che un senzatetto ci abbia cacciato via insultandoci, dichiarandosi offeso per quello che gli portavamo. Invece abbiamo sempre visto gratitudine e conforto.
E in questi giorni che portano al Natale vediamo anche qualcos’altro nei loro sguardi e nelle loro parole di ringraziamento. Vediamo il sentirsi parte di queste feste, la gioia di non ricevere solo l’indispensabile per sopravvivere. C’è chi giudica un dolce qualcosa di superfluo, che forse sarebbe meglio buttare via, ma per noi è un dono che trasforma il 25 dicembre in un giorno diverso da quelli dell’esclusione.
Non sappiamo cosa avverrà dopo queste feste, se e quanti di loro troveranno finalmente un lavoro, la casa, soprattutto la speranza. Noi continueremo a portargli quello che facciamo e di cui siamo orgogliosi. Fare dolci è il nostro lavoro. Offrirne a chi non ha nulla ci sembra la cosa più naturale, c'è dentro l'amore con cui li facciamo.