Il toque blanche, il cappello dei cuochi e dei pasticceri e la sua storia (umoristica)

19/112020
Smiling toque blanche

Avevamo pensato di accogliervi dal rientro da queste strane vacanze del 2020 spiegandovi la ricetta di una torta squisita e facile da preparare o parlandovi delle tradizioni dolciarie di una delle regioni d’Italia.

Ma alla fine abbiamo scelto di proporvi un argomento ancora più entusiasmante, ricco di fascino e di mistero e così emozionante che leggerete le prossime righe tutte d’un fiato. Infatti vi racconteremo la storia (umoristica) del toque blanche, ovvero del cappello dei cuochi e dei pasticceri.

Le leggende raccontano che questo copricapo sia nato in Assiria due millenni prima di Cristo. A quell’epoca i re assiri venivano uccisi uno dopo l’altro da sicari che si introducevano nelle cucine e avvelenavano i loro piatti. I più frustrati erano i pasticcieri visto che i sovrani andavano all’altro mondo mentre mangiavano gli antipasti, il primo piatto, il secondo piatto o persino la frutta ma sempre prima del dolce.

Prepariamo dolci deliziosi che i nostri sovrani non riescono mai ad assaggiare. Commentavano amaramente, finché uno di loro non ebbe un’idea geniale.

Gli assassini si muovono indisturbati nelle nostre cucine perché nessuno li riconosce. Ma se adottiamo un segno di riconoscimento scopriremo subito gli estranei.

Ma che aspetto doveva avere questo segno di riconoscimento? Un anello? Una giacca? Una targhetta con il nome? In quel momento un altro re cadde avvelenato e vedendo rotolare per terra il simbolo della sua autorità tutti ebbero la stessa idea:

Un cappello a forma di corona!

Era nato il cappello da cuoco. Questa precauzione si dimostrò subito efficace. Chiariamo che i re assiri continuarono ad essere uccisi, pugnalati alle spalle o strangolati nel sonno. Ma almeno potevano sedersi a tavola con la certezza di consumare tranquillamente tutto il pasto, dall’antipasto al caffè.

Nel VI secolo a.C. il re babilonese Nabucodonosor sottometteva i fenici, gli abitanti dell’odierno Libano. Fu un evento di portata storica perché quel popolo di mercanti rimase affascinato dai copricapi dei cuochi al seguito dell’esercito invasore. Assieme alle spezie, alle sete e ai gioielli questi nuovi capi di vestiario divennero una delle voci più importanti del commercio nel Mediterraneo. Giunti in Grecia ebbero un’influenza fondamentale sulla cultura ellenica. Fu osservando un cuoco che indossava il suo cappello che Socrate pronunciò il famoso aforisma:

Cucino, ergo sum.

Subito sua moglie Santippe gli rispose:

Caro, tu sai di non saper cucinare.

Ma i cappelli da cuoco furono anche la causa di enormi tragedie. Nel I secolo d.C. la corte imperiale romana spendeva per questo indumento una cifra dieci volte superiore a quella necessaria al mantenimento di tutti gli schiavi dell’Imperatore. Esaminando i libri contabili lo stesso Nerone disse a sua moglie Poppea.

Tesoro. I miei cuochi mi manderanno in rovina con le loro manie per gli accessori. Per colpa loro non ho sesterzi per pagare le legioni e per offrire pane e giochi ai romani. Ma adesso basta! Per dargli una lezioni stanotte andrò nelle cucine, prenderò tutti i loro cappelli e gli darò fuoco!

Fu questa la vera causa dell’incendio di Roma del 64 d.C.

La caduta dell’Impero Romano segnò anche un declino nell’uso dei cappelli nelle cucine che sarebbe durato per tutto il Medioevo. In quel periodo vi furono alcuni cuochi creativi, riconoscibili per gli alti cappelli a cono, che tentarono di introdurre ricette d’avanguardia basate su ingredienti esotici: code di serpente, lingue di drago e occhi di rana. Ma i tempi non erano ancora maturi per una cucina così originale e i critici culinari, riuniti in un’associazione gastronomica chiamata Inquisizione, condannarono questi precursori al rogo.

Ma il destino non poteva permettere che cuochi e pasticcieri continuassero a lavorare a capo scoperto. Alla fine del XV secolo Re Enrico VII d’Inghilterra trovò un capello nella minestra. Quando gli portarono il responsabile delle cucine gli disse:

Pagherai caro per questo errore inammissibile. Scriverò una recensione negativa e metterò una valutazione di una stella sul tuo profilo su Tripadvisor.

Le cose sarebbero finite qui se quel cuoco, molto ingenuamente, non gli avesse fatto notare che mancavano ancora cinque secoli all’invenzione del cellulare e dei social.

Hai ragione! Allora ti farò decapitare.

Fu grazie a questo piccolo incidente che il cappello divenne uno strumento fondamentale per mantenere l’igiene dei cibi e proteggere l’incolumità dei cuochi.

Si arriva alla rivoluzione francese, scoppiata perché Maria Antonietta aveva offeso i francesi suggerendo che mangiassero brioche. In realtà il perfido Robespierre aveva tenuto il popolo all’oscuro delle generose intenzioni della sovrana, che intendeva invitare tutti a colazione. Quello che seguì fu un periodo di grandi ristrettezze alimentari che costrinse molti ristoranti e pasticcerie a chiudere. Un gran numero di cuochi abbandonò il mestiere e smise di portare il toque, anche perché dopo essere finiti alla ghigliottina non avevano più una testa su cui appoggiarlo.

E' all’inizio del XIX secolo che il cappello da cuoco assume la forma alta e cilindrica che tutti conosciamo. Il merito di questa invenzione va tutta al grande chef francese Marie-Antoine Carême. Sono passate alla storia le parole che pronunciò sul letto di morte.

Ho creato piatti che hanno estasiato re e imperatori di tutta Europa. Ho scritto una raccolta di ricette di cinque volumi. Ho fondato l’alta cucina... E passerò alla storia per aver disegnato un cappello!

Arriviamo ai giorni nostri. Parafrasando Napoleone possiamo affermare che nella cucina di ogni cuoco dilettante si nasconde un toque blanche. E se non riesce a trovarlo può sempre acquistarlo su Amazon.

Conclusioni

Noi Tagliafico prendiamo il nostro lavoro con la massima serietà e non ci permetteremmo mai di scherzare sui dolci.

Ma sui cappelli sì!